Risoluzione del Mise: aprire un ristorante nella propria abitazione è un’attività economica a tutti gli effetti. Deve essere soggetta a requisiti professionali, igienico sanitari e a una serie di norme in materia di sicurezza, urbanistica ed edilizia, a cominciare dalla Scia da presentare al comune di residenza.
Aprire un ristorante nella propria abitazione, una tendenza che sta prendendo sempre più piede in Italia, soprattutto in tempi di vacche magre, è un’attività economica a tutti gli effetti. E dunque, in quanto tale, deve essere soggetta a requisiti professionali, igienico sanitari e a una serie di norme in materia di sicurezza, urbanistica ed edilizia, a cominciare dalla Scia da presentare al comune di residenza. A stabilirlo è una recente risoluzione del ministero dello Sviluppo Economico che fa chiarezza su come possa configurarsi l’attività di cuoco a domicilio che, dal ‘passaparola’ è arrivato a delinearsi in un business, tale da allarmare perfino i ristoratori professionisti che, guardano al fenomeno con preoccupazione e invocano il rispetto delle regole in un clima di leale concorrenza. Il fenomeno dell’Home Restaurant, ampiamente pubblicizzato su portali e siti internet infatti, conta ormai migliaia di attività in Italia, con una media di 200-300 nelle grandi città come Roma, Milano, Napoli, Torino, Venezia. L’attività di preparare e servire pranzi e cene presso il proprio domicilio, in giorni dedicati e per ospiti paganti, “non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela”, si legge nel parere espresso dal Mise attraverso Gianfrancesco Vecchio, dg della Direzione generale per il Mercato e la concorrenza che risponde a una istanza di una camera di commercio. La fornitura di queste prestazioni “comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi anche con l’innovativa modalità”, l’attività “si esplica quale attività economica in senso proprio” di conseguenza non può essere considerata, a parere del Mise, “un’attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcune previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un’attività di somministrazione di alimenti e bevande”. Nel motivare la posizione assunta, Gianfrancesco Vecchio si richiama a una precedente nota, sempre a sua firma, con la quale è stata classificata come un’attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande quella effettuata dal proprietario di una villa, che “intendeva preparare cibi e bevande nella propria cucina fornendo tale servizio solo su specifica richiesta e prenotazione da parte di un committente e quindi solo per gli eventuali invitati”.
FIPE: “SU HOME RESTAURANT RIPRISTINATA LEALE CONCORRENZA”
“Ben venga l’innovazione che rispetta le regole”. Questo il commento di Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe e vicepresidente Confcommercio, alla risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico che definisce gli home restaurant “attività economica in senso proprio”. “L’attività in discorso – precisa il Ministero – anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitati, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. Infatti, la fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo, quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività si esplica quale attività economica in senso proprio”. “La risoluzione del Ministero – aggiunge Stoppani – ripristina, senza spazio per dubbi e interpretazioni, le regole per una competizione leale e corretta: a parità di attività ci vuole parità di regole, di tributi e di obblighi. Non e’, infatti, ammissibile – prima di tutto per garanzia e sicurezza dei cittadini – che ci possano essere modalità diverse di fare ristorazione: da un lato quelle soggette a norme e prescrizioni rigorose a tutela della qualità e della salute; dall’altro quelle senza vincoli, senza controlli, senza tasse, senza sicurezze igieniche”.
https://www.confcommerciolecce.it/home-restaurant-attivita-abusive/